Anche se non me l'ha ordinato il medico, ma ormai mi sono piantata nel ragionamento, procedo con la mia disquisizione sociologico economico analitica della progettazione del terzo settore. Lo so che nella vita si potrebbe fare di meglio, volevo anche dire che me ne ero già accorta.
La trasposizione di ciò che è no profit con la pubblica amministrazione, nei suoi meccanismi assolutamente ferraginosi, pantanosi, inutili poiché senza risultati, è sovrapponibile anche per un altro argomento, che è la grandezza dell'ente in questione.
Fa parte del solito postulato di analisi sociale che tutto ciò che è piccolo ente amministrativo non se la cava più: i piccoli comuni non sono considerati; i piccoli ospedali che però servono zone lontane dai grandi ospedali o vengono chiusi o sono un pericolo pubblico per mancanza di mezzi; le piccole scuole vengono chiuse per mandare tutti in grande scuole non vicine, però dando i finanziamenti a scuole private in cui si va fuori a raccogliere le foglie, che è quello che si è sempre fatto nelle piccole scuole pubbliche, eccetera eccetera.
É ben noto che questo approccio amministrativo ha fatto grandi pasticci, con l'abbandono dei territori per mancanza di servizi, l'impoverimento sociale, la mancata presa in carico di tante situazioni: sta scritto ovunque. Il tutto perché non si possono prendere certe situazioni e spostarle, e nello stesso tempo qualcosa che è centralizzato non è deputato a comprendere i bisogni di qualcosa che ha una situazione locale particolare: per cui vengono imposte delle modalità di finanziamento e amministrative che sono incongrue.
Ecco, lo stesso accade per i piccoli enti no profit. Lasciamo perdere che la quantità di complicazioni burocratiche li affonda, perché sarebbe necessario avere fondi esclusivamente per pagare grandi manager per seguire questa cosa: andiamo un attimo oltre a questo grosso problema, facciamo finta che comunque esista un piccolo ente no profit che se la cava splendidamente dal punto di vista amministrativo per chi ci lavora dentro come volontario.
Il punto è comunque che quegli enti no profit piccolini non ricevono fondi: perché non sono appetibili, perché le fondazioni dicono che poi c'è troppa poca risonanza, troppo poco impatto numerico. Sostanzialmente chiedere €200.000 è significativo, chiederne 20.000 vuol dire che si fa qualcosa che non porta a niente a livello di impatto sociale.
Ovviamente non è vero: è che il piccolo ente con quei 20 mila euro ci fa delle cose specifiche per delle specifiche persone che non vengono raggiunte da nessun altro tipo di progettazione molto più appariscente ed eclatante.
Piccolo non significa insignificante.
Sapete qual è il riassunto di tutto quanto? It's all about money.
Tutto lì.
Chi finanzia vuole semplicemente emergere, ricevere un sacco di pubblicità.
Ditemi voi se ciò che si basa sulla solidarietà, che come tale viene anche normato a livello giuridico e politico, deve partire da questo principio.
Bon, comunico che ho finito lo sproloquio.
Sto anche leggendo i racconti di Tabucchi. Mi sento sempre una persona migliore quando leggo Tabucchi.
Buona Giornata.
Angela
3 commenti:
Mondo di ingiustizie come già detto ahimè. Buona giornata a tutti. Pensiamo positivo se possibile. Un abbraccio forte 🤗💓💓
Tutto tristemente vero.
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Forza Fabllo
Forza Angela
Boog
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