lunedì 25 novembre 2024

Vicinanza di concetti.

 

Grazie per il vostro esserci, per le parole di con-forto e com-passione: tutto inizia con la congiunzione del complemento di compagnia e di unione, non è un caso. Grazie sempre detto con il cuore, lo sapete.

Proprio in nome di questo fate una promessa a noi, e anche alla signora Barbara.

Rimaniamo nell'ambito della disabilità e della malattia, lasciamo perdere altri contesti perché diventerebbe lunga e potremmo non averne comunque le competenze.

Parliamo solo di disabilità e malattia, quindi. Conseguentemente parliamo di salute.

Promettete di amare la normalità, nel suo essere parola e nel suo essere fatto quotidiano.

E quindi promettete (e concedetevi) di arrabbiarvi un pochettino per le piccole cose, il giusto: perché è normale farlo e bisogna anche essere consci di questa normalità. È normale arrabbiarsi perché ci si è bagnati le scarpe e adesso bisogna stare con i piedi bagnati tutto il giorno: lo so che c'è chi non esce di casa, chi non ha le scarpe, se per questo nemmeno i piedi, ma dobbiamo avere un parametro che dobbiamo considerare per tutti, quindi è giusto, è normale arrabbiarsi un po’.

È normale arrabbiarsi un po’ se si perde il treno, se salta un incontro che si è tanto aspettato, se non si ha il tempo per leggere quella pagina del libro che abbiamo in mente, se salta Internet mentre stavamo ascoltando Redemption Song (versione di Joe  Strummer, personalmente); è normale arrabbiarsi per la bolletta della luce; per il raddoppio del costo del pane al supermercato. È giusto.

È altrettanto giusto, ovviamente, arrabbiarsi seccarsi irritarsi indignarsi nella misura necessaria, altrimenti la si fa talmente lunga da diventare controproducente.

Bisogna difenderla la normalità. Altrimenti diventa corretto accettare tutto: di essere sempre più poveri (perché in fondo possiamo fare a meno di tante cose), di essere sempre più senza lavoro (così valorizziamo il nostro tempo personale), di non cercare la bellezza (è un di più), di non essere gentili con gli altri (chi mi vuole mi prende come sono).

Ci sono due categorie che dicono che questa è una brutta parola, che non include, che esula: perché, come sempre, la stravolgono, la parola normalità.

La prima categoria sono i Fulminati: e non è questo il luogo per occuparci di loro, quelli a cui non va mai bene niente, che si sentono aggrediti qualunque cosa accada, capaci di dare una propria opinione senza nulla sapere, come se fosse un obbligo, come se parlare fosse sempre una prescrizione del medico. Lasciamo perdere questi esemplari che, se va bene, hanno un problema con l'anagrafe perché non si ricordano di aver superato i 10 anni da un pezzo, con la relativa sindrome oppositiva verso la Galassia riunita; se va male, hanno bisogno di essere presi in carico da uno molto bravo e non possiamo aiutarli. E quindi andiamo oltre.

Quelli che invece fanno interi congressi per abolire la parola normalità quando si parla di disabilità, sono Quelli Che Sanno, che invece dovrebbero erogare gli opportuni servizi: se questa azione, che definisce e giustifica la loro presenza in questo mondo, non viene compiuta nello specifico, il trucco è quello di organizzare giornate giornate e giornate di eventi per spiegare che la normalità non esiste,  e che quindi qualunque pretesa da parte dei disabili, in fondo, non sia poi così necessaria, perché catalogare i bisogni in modo stereotipato non è più di moda. L'individuo è speciale e quindi va rispettato come tale, a prescindere che poi venga organizzata una gita scolastica che prevede il trekking a Varigotti o la salita al campanile di Giotto per la classe del disabile: lui resta una persona speciale, da valorizzare in tutte le sue peculiarità. L'unica cosa importante è questa, il resto sono dettagli: peccato che a quel disabile la parola normalità, se implica fare una gita che preveda lo stare sempre con i compagni, piaccia moltissimo.

E non vi faccio altri esempi di stralunamento della definizione al di là di ogni possibile buon senso, perché sono certa che sia già tutto chiaro.

Negare la bellezza della normalità non coincide con il valorizzare la specificità di ciascuno, ma non offrire a tutti la possibilità di godere di un livello logico, sensato, di benessere. Esagerando come faccio sempre, non permettere a uno di avere le scarpe perché c'è chi c'è chi non ha nemmeno i piedi, come dicevamo all'inizio. Non va bene.

Arrabbiatevi per le piccole cose, è giusto. È sano: quelli davvero zen o stanno in inaccessibili monasteri, o non apprezzano ciò che è giusto e quotidiano, o sono semplicemente soli, non conoscono il valore di quella preposizione Con, quella di com-passione con-divisione con-forto.

Amare e arrabbiarsi, almeno talvolta, sono concetti molto vicini.

Buona Giornata.

Angela

 

 

3 commenti:

Nonna Roby ha detto...

Xxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx perché vada tutto bene oggi senza troppi problemi e impicci. Forza Fabullo e famiglia forza famiglie speciali sempre in lotta!! Un abbraccio di cuore 💓💓🤗

BOOG ha detto...

Forza Fabullo
Forza Angela
Forza Aimo
Forza famiglia speciale
Forza Onlus

Nonna Roby ha detto...

Oggi vogliamo ricordare le donne e le bambine/bambini vittime di violenza. 🙏🙏💓