martedì 16 ottobre 2018

Il punto, ahimè.

Oggi vi conto una di quelle storie di grandi progetti abbinati a grande disinformazione.
Partiamo dal presupposto di tutti i vantaggi che hanno i disabili: parcheggi dedicati, sconti per entrare in musei, facilitazioni di tutti i tipi per viaggiare su treni, autobus, aerei, posti privilegiati in cinema teatri concerti. Partiamo da questo presupposto, non indaghiamo sulla effettiva attuazione pratica di tutto ciò (per esempio, i posti ai concerti che ci sono effettivamente, ma sono messi dove nessun altro vuole stare perché non si vede niente), andiamo oltre perché altrimenti non finiamo più e voglio contarvi un’altra cosa.
E non addentriamoci nei paradossali discorsi “invidiosi” di quelli che vorrebbero il permesso di parcheggio perché Io devo lavorare e sono di corsa e non è giusto che quello lì possa posteggiare proprio lì e a me invece tocca camminare.
Andiamo oltre.
Vi conto di una famiglia con un disabile che cammina sotto braccio, ma che è disabile comunque. E che, per altro, detto con il massimo rispetto e con il permesso della famiglia in questione, si vede eccome che qualche problema c’è. Blocchiamo subito Quelli Che Sanno che stanno per dire ciò: Ecco, già il dire da parte Sua, cara Signora, che la disabilità si evidenzia come un problema la dice lunga sulla Sua incapacità di gestire la situazione personale.
Beviamo thè al bergamotto, respiriamo, e lasciamo che Quelli Che Sanno continuino imperterriti a sapere, beati e felici loro.
Andiamo oltre perché voglio raccontarvi un'altra cosa.
Dunque, a questa famiglia viene negata l’agevolazione per disabili in un ingresso in un piccolo museo, perché lo zelante funzionario fa vedere il regolamento e c’è scritto che è necessario mostrare la tessera di disabilità.
Solo che, tale tessera, in Italia, non esiste.
Esiste un verbale, una scartoffia, ma non è una tessera.
In alcuni stati europei è un tesserino, ad esempio in Germania: e vi assicuro che a noi l’hanno già chiesto, in Germania appunto. Nello zaino di Fabu c’è sempre copia di tutti i verbali, che ci chiedono poco, perché è, come dire, evidente: però ogni tanto capita. Una volta, ad esempio, ad una cassa c’era un ragazzino che aveva il compito di chiedere a tutti l’eventuale tesserino previsto dalla normativa tedesca. Al che io avevo tirato fuori le scartoffie italiane, avevo precisato che in assenza di una  comune normativa europea era la struttura che si doveva far carico di verificare la validità di tale scartoffia, in quanto scritta in italiano. La faccenda è finita subito perché una collega più esperta ha detto al ragazzino di far passare questo bimbo in carrozzina e basta. È stato ridicolo, ma quanto meno si faceva riferimento ad un documento esistente in quello stato.
Nel caso della famiglia suddetta, invece, abbiamo un regolamento in italiano, basato quindi sulla normativa italiana in vigore, che chiede qualcosa che non esiste, semplicemente non c'è.
Così, la volta che si incappa nel funzionario che è molto zelante, detto da signora, o magari con delle sue personali abilità che però per fortuna gli consentono di lavorare, il regolamento diventa un problema.
Per cui la famiglia ha tirato fuori copia dei verbali e non sono stati accettati, perché il regolamento parlava di tesserino. Hanno chiesto di parlare con un superiore, che non c'era in quel momento perché si trattava di una piccola struttura. E quindi non hanno pagato la tariffa piena e sono andati via, immagino rovinandosi la domenica (e vabbè, ma costava poco, dicono Quelli Che Sanno che colgono sempre il punto).
Allora: il caso limite non è trovare il funzionario zelante, ma è trovare il funzionario zelante che non accetta la spiegazione, verissima, della mancanza di un tesserino che è invece rappresentato da un verbale (uno di invalidità e uno di disabilità).
È in corso di elaborazione la Carta Europea di Disabilità (DEC), che uniformerà le normative in Europa, come capita già con i tagliandi di parcheggio azzurri (per i quali comunque si rispetta la normativa vigente in ogni paese), esiste già un sito europeo che parla del progetto, ma, in soldoni sonanti, al momento non c'è.
Per cui, i casi limite sono quelli che dicevamo. Ma non sono casi limite, invece, i regolamenti italiani che chiedono di mostrare il tesserino di invalidità, in un paese in cui non c'è. In alcuni casi si parla più genericamente di attestazione, e allora va bene. Ma in moltissimi casi no, è proprio chiamato in causa il mitico tesserino, e non solo in piccole e povere strutture di provincia.
Suvvia, concludiamo, altrimenti Quelli Che Sanno si annoiano: il punto è che se un regolamento di una struttura, approvato da strutture fatte per approvare, prende in considerazione la disabilità, perché lo deve fare per legge; e questo regolamento non sa quale sia l’effettiva normativa di cui parla; e se i mille organi superiori che verificano tutto per consentire l’apertura della struttura stessa, imponendo balzelli e tempi lunghissimi perché sia tutto a posto, non conoscono apparentemente loro stessi la normativa in questione, visto che non rilevano l’incongruenza; e se quindi tutto può incepparsi quando si trova il personaggio che il suddetto regolamento lo applica alla lettera: ecco, se tutto questo è vero, ditemi se la faccenda non la dice lunghissima sulla conoscenza della disabilità proprio da parte di chi sulla disabilità stessa va a legiferare.
Secondo me sì, la dice lunghissima. E secondo me al punto, ahimè, ci siamo arrivati.
Buona giornata.
Angela

2 commenti:

mammadoni ha detto...

.....e non dovremmo essere isteriche????
con tutti gli Zelanti e Quelli che Sanno che ci circondano siamo ancora troppo buone!!!!!!!!!!!!
Dai guerriero forza forza forza forza forza
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BOOG ha detto...

FORZA FORZA FORZA FORZA!!!
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