Il realismo di stamattina.

Procediamo e resistiamo. La tareffaggine sta ancora imperversando su Paulo Aimo Pieno di Salute: che ha caldo, poi freddo, mal di testa e mal di gola, e la tosse. Insomma, non una roba drammatica, ma di quelle che non passano mai.

Fabullo sembra in forma da quel punto di vista lì, pericolo scongiurato e si va a scuola. Le crisi, invece, bah. Non siamo più come dieci giorni fa che aumentavano a vista d’occhio, questo no. Una bella noia però sì. Basti pensare che questo è il primo anno in cui stanno contando le crisi lunghe a scuola, in passato non c’erano, e l’anno scorso non ha frequentato.

Per cui tutto dipende sempre da quando arrivano, senza regola. Se prima di mangiare addio pasto, se prima di giocare addio gioco. Rispetto allo scorso anno, va assolutamente detto, finiscono lì, con la stanchezza post crisi che è irritante, ma poi passa: invece lo scorso anno la crisi ne originava un’altra e poi un’altra. Probabilmente dobbiamo attendere, perché comunque lo stimolatore lavora nel tempo. E poi, chissà, forse dobbiamo accontentarci del fatto che vada meglio. Insomma, dico sempre quelle. Che piva giuliva, che piaga d’Egitto.

Adesso dico un’eresia: stiamo leggendo i giornali e ci viene un pochino da ridere, o da piangere guardando ‘sti americani. Diciamo che viene l’idea che non ci siamo solo noi che facciamo misericordia in tempi di elezioni: o meglio, in tempi di elezioni si vede di più. Solo che non è proprio una consolazione. E non è nemmeno una consolazione sentire gli amici americani che raccontano che votano il meno peggio. O il pensare che allora non è solo da queste parti che masse intere credano che i Paperoni possano essere un vantaggio nel rappresentare la nazione, che ci faranno diventare tutti ricchi come loro. Non è proprio consolante, ma no. Anche perché, non ci piace mai ricordarlo, ma quelli lì oltre oceano hanno un peso internazionale che non è proprio il nostro.

Anche perché, alla fine, intanto, per esempio, abbiamo la storia del papà del Novarese, rimasto vedovo con un figlio disabile.

Perdono. Deve essere la tareffaggine che evolve in sindrome da realismo spietato.