Ieri giornatina da manicomio. Tutto bene, nèh, ma è durata
almeno 56 ore. Tantissima tosse e nervosismo e pianti la mattina. Al pomeriggio
meno tosse ma tutto il resto. Probabilmente è mamma che non sopporta più
niente.
E’ venuta la dottoressa a visitarlo, e che Dio la salvi
sempre: perché comunque, con le sue visite ravvicinate in questi primi giorni,
ci ha evitato giri in ospedale per valutare l’evoluzione. E’ venuta e l’ha
trovato bene: torace sempre libero, e secondo lei ormai è abbastanza fatta: nel
senso che ormai ha avuto un picco di febbre, ha tossito tanto, ha già preso
qualche dose di antibiotico; se avesse dovuto evolvere in direzione di un
focolaio polomonare, teoricamente sarebbe già capitato. Ovvio che siamo ancora
in piena tareffaggine: tosse a manetta, naso pieno, magari qualche linea di
febbre ogni tanto, male alle unghie ai capelli al pigiamino, poco appetito ma
qualcosa mangia e anche lì va bene. Insomma, una tareffaggine come quella di
tutti gli altri bambini.
Stanotte è andata un pochino meglio della precedente, e
speriamo in questa giornata. Intanto c’è Paulo Aimo Papà a casa e questo sarà
già un motivo di buon umore.
Oggi è il Giorno della Memoria, per non dimenticare quell’orrore
e per non chiudere gli occhi davanti a nessun altro orrore, mai.
Per cui vi conto cos’è successo a Torino, anche se l’avrete
letto dappertutto, però sottolineare fa bene: allora, c’è una bella mostra su
Primo Levi a Palazzo Madama, che ha aperto da pochi giorni. E, davanti, è stato
posizionato un vagone piombato, quello che portava ad Auschwitz. Solo che il
sovrintendente dei beni architettonici ha detto che no: che lui non era stato
consultato, e che una roba così non si può fare. Perché il vagone contrasta con
il senso architettonico in una piazza aulica: e che, quindi, la frittata ormai
era fatta, ma lui la autorizzava solo per un paio di settimane e non fino a
fine mostra il 6 aprile.
Insomma: il vagone è una roba troppo brutta, che offende gli
occhi di chi si trova in una delle prospettive architettoniche più belle del
mondo.
O per carità: brutto è brutto. Ma meno male: ci mancherebbe
che lo trovassimo bello. Immagino che anche nei ghetti ci fossero delle belle
prospettive architettoniche prima che si riempissero di nero. Forse il senso
sarebbe anche ricordare che gli orrori esistono, anche se coperti da qualcosa
di meraviglioso: forse dalle cose meravigliose bisognerebbe trovare la forza di
ripartire, senza però far finta di niente, ecco.
D’altra parte, tutti i sopravvissuti raccontano che nessuno
li voleva credere e ascoltare. L’Einaudi rifiutò di pubblicare Levi la prima
volta. Insomma: se fossimo stati in un’epoca multimediale, magari avremmo
infilato tutto in qualche sito di bufale.
E, vietato paragonare gli orrori in qualità e quantità, ma anni dopo dicevamo che non era
vero che l’amianto era un assassino, che erano tutte storie. Oggi preferiamo
non pensare alla fame che uccide ogni giorno, ci ricordiamo degli africani
quando arriva qualche virus che potrebbe toccare noi. E’ una bufala che le
multinazionali farmaceutiche pensino solo a fare buoni affari, il fatto che
basterebbe distribuire, non dico vaccini, ma dosi di salina per reidratare,
costo di pochi centesimi alla damigiana, si può dire, anche quella è una
bufala. Ieri stavamo tutti in piazza con gli ammalati di sla che chiedevano l’assistenza
più primitiva e primordiale: attenzione, non di guarire, ma solo l’assistenza
in un mondo che dice che non bisogna lasciar morire nessuno; chissà se oggi ci
ricordiamo ancora di loro. Eccetera eccetera. Per dire di quanto siano carini e
sensibili, per esempio, i bambini disabili, che poi finiranno in qualche centro
diurno a guardare tanta tv e a ciucciarsi le dita per passare il tempo. Però pensiamo
alle cose belle, per favore: non per lavorare e ripartire, ma per dimenticarci
il resto.
Ecco, il vagone dovrebbe ricordarci tutto questo.
Poi è chiaro che è finita all’italiana: con la politica
torinese e nazionale che ha detto al sovrintendente, con sabauda educazione, di
farsi furbo. Il sovrintendente in questione che si è scusato, ma è stato
frainteso: non voleva metterla sull’etica, ma solo sull’estetica, ovvio. Che dire?
Lo sappiamo che ogni tanto la wireless non prende, si vede che capita anche ai
neuroni.
E il vagone può rimanere lì fino ad aprile, a fine mostra. Diciamo
che la vera vittoria è che la coda per entrare alla mostra riempie tutta la
bellissima piazza e tutti vanno a vedere il vagone. Il sovrintendente non lo
so, certo è che male non gli farebbe.
Buona giornata.
Angela
2 commenti:
Angela, come sempre sai descrivere uno spaccato d'Italia in maniera egregia. Non aggiungo altro.
Ricordare è un obbligo!
FORZA FABULLO!!!!!!!!!
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FORZA SUPER FABULLO!!!
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Angela, questa è L'Italia!!!
PER NON DIMENTICARE
Un filo spinato impedisce che qui dentro sboccino fiori
Non posso volare
Non voglio morire
Peter bambino nel ghetto di Terezil.
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