Ma però non si dice.

Altro che mistica la situazione;  stagnante rende meglio: tendente all’impaludamento, meglio ancora.

Venerdì mattina la pediatra gli ha trovato la gola un pochino rossa: niente di che, però, se qualcosa c’era da trovare, era quello. Per cui: chissà se questo lieve arrossamento gli dà un pochino di dolore e riduce l’appetito. Siccome che è fine settimana, ed è a casa, proviamo a dargli tachipirina prima dei pasti e vediamo che succede. Proviamoci.

In realtà è successo che le crisi sono aumentate e il cibo si è ridotto ancora. Sabato avremo misurato la febbre trecento volte, perché avrebbe avuto senso, con tutte quelle crisi lì, la stava teoricamente covando. E invece no. Insomma, abbiamo fatto passare il tempo. Cercato di non pensare troppo. Ci siamo ritagliati attimi a turno per leggere un poco e stare seduti fuori sul gradino e fare due parole. Sono passati i vicini per le pause caffè e abbiamo guardato le crisi tutti insieme appassionatamente, lì seduti e senza parole.

Crisi che, per fortuna, è rarissimo che diventino molto violente, non capita mai che pianga, santo baracchino, siamo a casa nostra. Ma però. Che non si dice, ma rende.

Il bilancio alimentare di ieri è stato una bella tazza di latte al mattino con tanti cereali e aggiunta di nesquik, biscotto in polvere e meritene, che non è male. Poi però più niente fino a merenda, con due jogurt. E  a cena nulla, ha voluto una nuova tazza di latte, a cui abbiamo propinato aggiunte.

Insomma, mangiare è un’altra cosa. Siamo un pochino ai limiti.

L’abbiamo fatto riposare, l’abbiamo fatto stare fuori a guardare chi passava per metterlo di buon umore.

Oggi, se non è in condizioni proprio penose, proviamo a giocarci la carta della scuola e poi rivediamo la pediatra e decidiamo insieme: ieri sera l’abbiamo sentita, ed era del parere che se qualche tareffaggine doveva uscire sarebbe già arrivata.

Uffa. Direi che è la parola educata.

Buona giornata.

Angela