Un pò festa.

Ieri mattina siamo di nuovo partiti perplessi, con Fabu e le crisi. E poi la giornata sembrerebbe migliorata: quando siamo andati a recuperarlo a scuola stavano spremendo arance e bevendo le spremute, guardando il colore, parlando di dolce e aspro, e Fabullo era tutto contento perché lo spremiagrumi elettrico faceva fare brrrrrr alla mano.

Invece un anno fa a quest’ora ci svegliavamo alle molinette il giorno dopo all’intervento, e fuori nevicava: è durato solo qualche ora, ma nevicava sul serio, un impiccio non da  poco con gli spostamenti in ambulanza e le ventisettemila coperte, anche solo per attraversare chilometri di corridoi sotterranei di quell’ospedale vecchissimo; Paulo Aimo Corriere era poi arrivato a recuperare la carrozzina in macchina, un paciàs senza senso, di quelli torinesi e grigi. Con quelle grandi finestre dell’Ottocento, e Fabullo che non mangiava, e le infermiere che gli facevano tante feste. E invece oggi siamo qui e guardiamo la forsizia fiorita per la prima volta, che l’abbiamo piantata lo scorso anno. E anche i giacinti; e stanno per sbocciare i narcisi. Per dire: con tutti i pensieri di questo mondo, con  la fatica, con Fabullo comunque tanto isterico, è sempre nervosissimo, fa diventare matti per dirla meglio, siamo comunque qui con le nostre cose. Insomma, siamo contenti di questo. Senza farci domande sul senso di essere contenti in una storia così: guardiamo una forsizia alta mezzo metro, piena di fiori, e va bene. Anzi, sto addirittura valutando che tra un fiore e l’altro, se mi gira, io di bulbi ne pianto poi ancora: anche se, forse, in realtà ce ne sono già altri che devono fiorire più avanti, non mi ricordo mica più che cosa ho fatto.

E, comunque, per quanto sia tutto tanto difficile, e tanto precario, e tanto imprevedibile, e tanto faticoso, è innegabile che Fabullo stia meglio dello scorso anno.

Per cui, insomma, oggi è un po’ festa.

Buona giornata.

Angela