L'attimissimo.

E quindi aspettiamo. Che il neurostimolatore, nel tempo, lavori. Nel frattempo, usiamo la ricetta del concentrarsi solo sulle cose del momento, sul cogli l’attimo. Ma proprio l’attimo, nèh? Che vuol dire: adesso raccolgo il bucato, sto raccogliendo il bucato, prendo una pinza, la premo la apro la tolgo,  e nient’altro. Perché altrimenti ci mettiamo a pensare al prossimo pasto da dare a Fabullino, che incubo, che incomincia a dire no appena vede che apparecchiamo, che adesso costringiamo a mangiare pappa di verdura con tutto quello che si può dentro, in una dose dimezzata rispetto alla scorsa settimana, pur di portare a casa almeno quello, il tutto facendo uno show in tre, attaccando figurine ovunque, su guance capelli orecchie, facendo tatuaggi dei cucciolotti che tra un po’ finisce la pelle e non so dove li faremo. Oppure pensiamo a come lo vediamo disturbato, che non si gode niente.

E quindi cogli l’attimissimo. Tutte le volte che il pensiero va lì, zàk! Concentrarsi su qualcosa da cantare, sul piatto da riporre, sul cancello da aprire, sul discorso che si sta facendo, sul farsi raccontare qualcosa in giardino, sullo speziato di questo thè della Giulia,  sul fatto contingente di questo esatto istante che non è possibile che la crostata stia già finendo, è uscita dal forno ieri nel tardo pomeriggio, poco più di dodici ore fa, vabbè che sono arrivati i vicini a mettere dentro la testa a salutare Fabu, però mammasanta. Ieri è passata anche la cagnolina Marghe, che almeno lei non si è spazzolata niente.

E poi, quando invece è davvero ora di ‘sti benedetti pasti, per esempio, far finta di niente, come se niente fosse.

Non avrei mai pensato che pensare potesse essere tanto ma tanto faticoso. Solo che non troviamo altre ricette segrete, beati quelli zèn: e quindi usiamo questa tattica qui. Anche perché, più in là dell’attimissimo, c’è un fiume in piena che travolge.

Buona giornata.

Angela