venerdì 30 novembre 2018

Le notizie del buon mattino.

La prima notizia di stamattina è che Michi si è alzata e nuovamente coricata con 38 e mezzo, preoccupata perché oggi aveva l’interrogazione di spagnolo che per loro è la materia più importante e che miete vittime: due settimane fa Michi ha preso 7 e mezzo di scritto in una verifica in cui ci sono state solo 8 sufficienze, per cui sarebbe stato meglio andare, perché è talmente complicata la faccenda che sembra un’assenza strategica. Ma non è fattibile nemmeno solamente per l’interrogazione, è proprio uno straccio. Sicuramente da freddo, ci sta.
Perché l’altra notizia è che oggi, a fine novembre, meno di un mese a Natale, per la prima volta il nostro riscaldamento è partito da solo con termostato a 22 gradi, perché ancora ieri mattina abbiamo alzato di mezzo grado perché girasse un pochino, soprattutto per le camere che stanno a nord e sono più fredde. La coibentazione di questa casa è veramente incredibile: però significa che stamattina il freddo è arrivato sul serio. In effetti ieri sera alle undici  sono uscita in cortile per l’ultima volta per gestione compostiera, e c’è sempre qualcuno del vicinato che guarda le stelle, prende il caffè fuori, fa due passi, riposa un attimo: niente da fare, non ce la possiamo fare a non fare due parole come se niente fosse, in qualsiasi istante, siamo il vicinato più chiacchierone della galassia. Ebbene, ieri sera abbiamo tagliato corto, il che è tutto dire.
E quindi, detto tutto questo, il pensiero seguente è: fa che non si ammali Fabullino, ti prego ti prego ti prego.
Oggi Fabullino sta a casa da scuola e usciamo alle 12 per le terapie: facciamo così tutte le volte che il giovedì sera torniamo tardi perché facciamo anche il laboratorio di gioco adattato, così lo facciamo riposare più a lungo visto che va a letto dopo. E niente,  Michi ha la tareffaggine, ma Fabu potrebbe prendersela da chiunque in qualunque istante, storie di stagione non gravi, per la carità. Però fa di no, perché in lui la banale infezione diventa un pasticcio colossale, e noi siamo stanchi come dei somari.
Buona giornata.
Angela

giovedì 29 novembre 2018

Almeno il limone è coperto.

Luana ha colto come sempre nel segno: situazione non uguale ma sovrapponibile, in quanto la soluzione trovata è la stessa: prendere l’insegnante di sostegno presente e metterlo a fare altro.
In questo caso il problema di partenza nasce dalla mancanza di certificazione che quindi non prevede altre risorse, ma la soluzione trovata dall’organismo scolastico è la stessa: stravolgiamo la definizione di insegnante di sostegno per la classe e non per il singolo e mettiamolo a fare da tappabuchi. E per forza i genitori del ragazzino interessato sono furenti.
Intendiamoci: i dirigenti scolastici sono in una situazione non invidiabile; mille scuole e mille problemi a cui badare, mille responsabilità e, proporzionalmente, zero risorse. Detto tutto questo, essendo comprensivi, e tutto quello che volete, queste soluzioni, mascherate da un’interpretazione della legge, sono un errore e basta: il sostegno per la classe non significa quello, ed è scritto nero su bianco. Il risultato è che nulla funziona: ci rimettono tutti gli alunni, nessuno escluso.
Ieri è stato un giorno da turbine di burocrazia; è arrivato Paulo Aimo ad aiutarmi con Fabu che fa la mezza giornata, per cui in due ore scarse si è proceduto con riordino del più grosso del pasticcio generale, copertura limone e che adesso il gelo faccia come vuole, preparazione torta salata con feta e maggiorana (3 uova, 180 di farina, lievito, olio e latte come per una torta dolce, ma senza zucchero, e poi ci si aggiunge quel che viene in mente di salato) così la cena era fatta. E quindi studio intensivo di questa riforma del terzo settore per capire se noi ci siamo oppure no. Leggendo e rileggendo di tutto mi sembrava di sì, nel senso che abbiamo già tutti i requisiti richiesti. Sicuramente servirà tanto lavoro per formalizzare tutto, e mi viene male: perché è tanto lavoro per noi, che siamo volontari davvero e alle prese con un situazioni che non prevedono le ferie, per intenderci. Per noi la modifica dello statuto prevede la definizione secondo la nuova legge, perché tutti gli altri obblighi sono già enunciati; viene data la possibilità di fare le modifiche, entro il termine prescritto, senza andare dal notaio, proprio per non imporre altre spese alle piccole realtà. E noi ringraziamo di aver fatto tutto bene al tempo, per cui il notaio aveva fatto un lavorone e adesso siamo avanti: detto questo, penso che ci faremo aiutare comunque, perché è giusto che sia tutto perfetto per chi verrà dopo di noi.
E quindi, appunto, ore di studio per capire da chi farci aiutare e arrivare preparati.
E poi sono andata nel panico che volevo piangere: perché ad un certo punto mi è parso di capire che, per iscriversi al nuovo registro, vada dimostrato un patrimonio fisso di 15 mila euro. Ma figuriamoci: ad averli 15 mila euro che stanno lì, vorrebbe dire averne 10 volte tanti che girano e le famiglie avrebbero tutto gratis a disposizione. Non ci potevo credere: fare tutto bene per anni, tutto trasparente, zero rimborsi spese per chiunque (che sono, giustamente, gli elementi sempre più contestati perché coprono altro), tutto rendicontato fino all’ultimo centesimo, tutto lavorando di notte, e poi rimaniamo fuori perché siamo poveri.
Un’ora e mezzo di sconforto in cui abbiamo cenato, con Fabu che ha mangiato la torta salata, meno male.
E poi ripresa delle letture, infilando le robe in lavastoviglie. E poi ho trovato un dossier fatto meglio in cui spiega che i 15 mila euro sono indispensabili per avere la personalità giuridica, che però non è un obbligo; e, anche non avendola, si potrà accedere ai vantaggi fiscali, tra cui il 5 per mille. E quindi abbiamo rialzato la testa e siamo andati a dormire, perché era mezzanotte.
Mammasantissima.
Buona giornata.
Angela

mercoledì 28 novembre 2018

Specchietto.

Anche oggi vi racconto sempre quelle, così sapete che le storie non sono ancora cambiate: e questa è veramente una storia emblematica, nel senso che la mamma è una grande Amica della nostra onlus, e quindi ci siamo dentro nel supporto: ma è qualcosa che capita tutti, dico tutti i giorni, magari più in sordina.
È una di quelle storie di Parole Specchietto (per le allodole), perché un buon concetto viene stravolto per colmare vuoti in modo apparentemente legale.
Allora: seconda elementare, grande nucleo scolastico a Nord di Milano. Il bambino in questione ha un problema motorio che però si sta risolvendo, nel senso che cammina con il suo schemino ma senza alcun ausilio; qualche problema visivo che però, con opportuni accorgimenti nella gestione della pagina e delle righe, gli sta comunque permettendo di svolgere un normale programma; livello cognitivo eccellente. Insomma, un bambino che può cavarsela benissimo in vita sua, supportandolo con i giusti mezzi, per questo ha l’insegnante di sostegno.
In questa stessa classe c’è un altro bambino “difficile”: poco gestibile, maleducato in parole e azioni, proveniente da un substrato sociale complesso, per cui sembrava solo maleducato o proprio ineducato.
In realtà la situazione è peggiorata rapidamente, il bambino è sempre più violento, e emerge una diagnosi di malattia mentale “vera”, che viene certificata. Per cui vengono fatte le scartoffie e il bambino riceve qualche ora di supporto: ma solo qualche ora, che non basta, e tutto il personale è costretto a passare il tempo a contenere questo bimbo perché non capitino guai seri.
Quindi si scatena la parte più triste, la Guerra dei Poveri: gli altri genitori infuriati, la madre che li accusa di non volere il bambino, eccetera eccetera. Quello che capita quando nulla funziona, la ragione non sta più da nessuna parte e la sopravvivenza è l’obiettivo primario. È sempre una situazione senza senso, andiamo oltre che voglio raccontarvi qualcos'altro.
La dirigente, con i sudori freddi per l’immane pasticcio, fa l’unica cosa che non doveva fare: e se non c’è nessuno che abbia ragione a livello della discussione tra famiglie, la certezza è che la dirigente abbia torto marcio.
Perché toglie l’insegnante di sostegno all’altro bambino, perché è più gestibile e la mette a contenere quello più violento. La Mamma Amica si lamenta: perché il bimbo non riceve più il supporto didattico per lui fondamentale, scrive tutto storto e non riesce a stare dietro alla classe come tempi di apprendimento, con difficoltà e frustrazione; le altre famiglie se la prendono anche con lei perché allora ci rimettono tutti eccetera, andiamo oltre.
Allora: è evidente che c’è un problema a monte, di diagnosi funzionale forse mal fatta, che non ha evidenziato quanto supporto debba avere  il bambino “difficile”; oppure lo evidenzia, ma non ci sono risorse per pagare tutto il personale necessario, chi lo sa: in qualunque caso non vengono rispettati i diritti di tutti i bambini.
La dirigente, però, nello spostare l’insegnante di sostegno, ha torto senza appello e ha usato, appunto, le mitiche Parole Specchietto (per le allodole) che sono l’incubo di ogni famiglia di bambini disabili. Sostanzialmente: la legge prevede autonomia scolastica, quindi flessibilità, quindi l’insegnante  di sostegno è una risorsa per tutta la classe e come tale può essere usata.
Leggi: l’insegnante di sostegno è un tappabuchi.
No. Non è vero.
È vero che la legge dice questo, ma, per ovviare ad altri problemi a monte, le Parole sono appunto diventate Specchietto.
L’insegnante di sostegno viene assegnata ad un singolo alunno: se quell’alunno non ci fosse, non esisterebbe quel tappabuchi e la scuola si organizzerebbe in un altro modo.
È vero che nella legge sono scritte le parole autonomia, flessibilità e risorsa per tutta la classe: ma sempre in funzione di quell’alunno lì.
Invece tali Parole Specchietto sono state talmente stravolte e decontestualizzate  nel tempo che nell’agosto 2009 è stata redatta apposita nota ministeriale per chiarire e ribadire quello che già c’era nella legge del 94.
In cui si dice proprio che è vero che esistono l’autonomia e la flessibilità all’interno del plesso, per cui il dirigente può prendere particolari decisioni: ma sempre nel rispetto del principio di base che va favorito QUELL’allievo a cui si riferisce il singolo insegnante di sostegno.
E, riguardo all’insegnante risorsa per la classe, vi copio le esatte parole della circolare: il docente in questione è assegnato alla classe per le attività di sostegno, nel senso che oltre a intervenire sulla base di una preparazione specifica nelle ore in classe, collabora con l’insegnante curricolare e con il Consiglio di Classe affinché l’iter formativo dell’alunno possa continuare anche in sua assenza.
(Sorvoliamo sulla preparazione specifica, non è il nostro discorso di oggi).
Capito? È esattamente il contrario: l’insegnante è di supporto a tutta la classe non nel senso che fa altro, non deve occuparsi di altri bambini e non deve tappare buchi in organico: ma supporta, addestra, tutta la classe a occuparsi di QUEL bambino anche in sua assenza.
È chiaro che se è stato necessario precisarlo nel 2009, è perché nella legge del 94 già era scritto bene ma le parole venivano stravolte a piacimento. O, sicuramente, a necessità: ma la necessità si risolve individuandola in modo preciso, guardando la luna e non il dito.
Quindi, nella vicenda della scuola milanese, nessun bambino, neanche quelli sani, vede riconosciuti i propri diritti; la dirigente è in difficoltà perché non ha risorse e deve prima di tutto pensare alla sopravvivenza generale, che vuol dire che nessuno deve farsi male. È comprensibile.
Ma facendo fare da tappabuchi a quell’insegnante, ha semplicemente torto. Punto.
La Mamma Amica è brillante e ha fatto valere le sue ragioni in maniera molto chiara e corretta e inappellabile. Come sempre, in questi casi, non capita mai che si ricevano delle scuse, per esempio. Che sarebbero le uniche Parole dovute, a cui devono seguire i fatti.
Buona giornata.
Angela

martedì 27 novembre 2018

Quelli Santi Subito, sempre.

Ricolleghiamoci al discorso di come è bello incontrare quelli che fanno bene il loro lavoro, discorso tanto caro a noi che diciamo sempre quelle, ripreso da Salvatore proprio pochi giorni fa.
Nel fine settimana ci ha cercato la nostra pediatra che era ad un congresso e ha pensato a Fabullo.
Noi dovremmo sempre scalare i gastroprotettori, e non ne stiamo avendo il coraggio; la stessa dottoressa ci stava pensando senza troppa convinzione, per non cercarci rogne. Però sarebbe stato da fare, così come prescritto dagli specialisti a settembre.
Quindi, nel fine settimana, la pediatra era ad un congresso in cui una dei relatori era una gastroenterologa ed è andata a esporgli bene il caso di Fabu, con la conseguente domanda finale: in questo caso è meglio far mangiare il bambino e basta, oppure il farmaco inibitore di pompa gastrica dato a questo dosaggio ha importanti effetti collaterali?
Risposta: il dosaggio che prende il bambino non è comunque il massimo concesso, gli effetti collaterali riguardano la possibilità che si manifestino dei polipi intestinali, tipici però dell’anziano, che difficilmente degenerano; bisogna controllare ogni tanto i valori di calcio e potassio nel sangue; fornire regolarmente fermenti lattici perché la riduzione dell’acidità gastrica altera ovviamente la flora batterica con un indebolimento delle difese immunitarie. Detto tutto questo, si tratta di eventuali effetti collaterali non scontati e a lungo termine: se dimezzando il farmaco il rischio è che il bambino smetta di mangiare, magari per un fastidio minimo mal tollerato, lasciate perdere, è più importante che mangi.
Per cui con la pediatra siamo d’accordo che: seguiamo queste indicazioni e  continuiamo a dargli due bustine per volta; poiché non vuole più prenderlo, facciamo che quello che sputa non glielo ridiamo, così manteniamo una buona media senza caricarlo troppo.
Per il mitico principio della saggezza piemontese Tùca nèn l’òn ca funsiùna, non toccare quel che va bene.
E la nostra pediatra Santa Subito è veramente il nostro mito.
Buona giornata.
Angela

lunedì 26 novembre 2018

Fabullo assai di mondo.

A teatro Fabullo è stato felice: c’erano più pullman di cui uno piccolo con la rampa per Fabullo e un po’ di amici ed è stato perfetto; perché diluviava che di più non si può, i pullman grandi si sono fermati in Piazza Castello, ma qualche passo sotto l’acqua è stato necessario farlo. Invece il pulmino piccolo si è mosso più facilmente ed è arrivato ad aprire la rampa proprio sotto i portici del teatro, per cui non si è bagnato nemmeno un briciolino. E poi lo spettacolo lo ha entusiasmato: tutti i velluti rossi e le luci e la musica e gli Amici, contento che di più non si può.
Per di più: ieri abbiamo partecipato ad una festa in famiglia, con i Cuginetti e gli Zietti, per il Battesimo della più piccola piccola che è arrivata dalla Baviera. Con Fabullo, perché se la godesse di più, abbiamo cercato di studiare bene i tempi, anche perché era tutto qui in paese, comodissimo per noi. Così gli abbiamo comunque fatto fare una grande colazione già che era motivato, poi lo abbiamo tenuto sdraiato fino all'ultimo, e poi lo abbiamo portato direttamente al ristorante, il solito posto degli Amici dove lui andava anche per i laboratori scolastici. E, mentre nel resto d’Italia faceva disastri, qui il tempo ha tenuto così è stato più semplice. Lo abbiamo piazzato a capo tavola con libri e cartoni ed è stato tutto contento, eravamo tutti pronti a portarlo a dormire alla veloce e invece ha tenuto duro anche se gli si chiudevano gli occhi e ha passato un bel pomeriggio.
Insomma, delle giornate assai mondane!
Buona giornata.
Angela

venerdì 23 novembre 2018

25 anni e patate americane.

Comunque: è chiaro che Salvatore è un 25enne. Neanche a dirlo. Da queste parti non si conosce altra età! Noi ringraziamo sempre per gli Amici di Fabullo, non solo per Thanksgiving, ma ogni singolo minuto: figuriamoci quando anche celebriamo che sono qui con noi su questa terra! E quindi augurissimi in ritardo, che mi sono persa tra tutte le cose che vi conto sempre delirando, il tutto facendo già le cose che incombono sulla mattina. Auguri ad un Amico dal Cuore grande, ero convinta di averlo scritto e invece no, sempre per rimanere nel tema dei 25 anni.
Fabullino ha gradito assai la purea di patata americana: gli abbiamo detto che anche lui è un po’ una patata americana. Ieri è stata una giornata di grazia per il cibo, anche a scuola, chissà perché, noi abbiamo colto l’attimo e non ci siamo fatti domande.
Però ammettiamola tutta: il dolce non era torta di zucca, diciamo che la scusa era che non avevo proprio tempo. Bensì un sacchettino di gianduiotti: niente da fare, il profondo nord ovest segna in modo indelebile, e ditemi se i gianduiotti non rappresentano qualcosa di cui essere grati.
Qui stiamo già trottando, perché oggi è il giorno della gita al Regio: deve andare tutto dritto, niente crisi al momento sbagliato, che alle otto dobbiamo essere a scuola. Dovrebbero stare fuori pochissimo, il pullman dovrebbe lasciarli lì davanti, Dio salvi i portici torinesi, e tornano per l’una: per cui stanno poco in giro, speriamo non piova che altrimenti è complessa. Poi subito a casa a dormire, niente terapia. Sarà il bambino più felice del mondo, non appena vedrà il pullman non capirà mai più niente.
D’altra parte, va detto: la stessa gita la fece Michela, perché tutti gli anni c’è questo progetto della lirica per le scuole. Quindi Michi tornò a casa imbevuta di cultura, rispondendo alla mia domanda fatta con grande entusiasmo: ma che bello, il Regio, il Flauto Magico, cosa ti è piaciuto di più? Risposta: i bagni erano meravigliosi! Ah. E basta? Quella che cantava aveva un bel vestito azzurro.
Vabbè.
Buona giornata.
Angela

giovedì 22 novembre 2018

Grazie!

Buon Thanksgiving a tutti noi, e che ci sia concesso essere contenti.
Siccome che oggi porto Fabu a fisioterapia e si trotta, ieri pomeriggio, nell’organizzazione dell’agenda quotidiana, ho preparato la cena per stasera mentre Fabu dormiva.
Fermi tutti, dichiariamo subito le carte prima che tutto il mondo passi di qui per caso: niente volatili grossi come mucche ripieni di ogni ben di Dio: ma meno di mezzo kg di fesa di tacchino  fatto arrosto, e intanto non è mica scontato averlo e mangiarlo; senza andare troppo lontano, per esempio, Fabullino potrebbe avere una crisi subito prima e addio. Quindi ringraziamo eccome, noi che potremo mangiare la nostra fettina.
Però ho fatto anche la salsetta con i mirtilli e la purea con le patate dolci, invece che con quelle solite, per calarci meglio nella parte.
I panini di granoturco non era cosa, servono tempo energie concentrazione; e così abbiamo un sacchetto di grissini al mais.
Insomma, bisogna coltivare buoni pensieri ed essere un po’ contenti. Noi siamo contenti di non essere soli, e di sapervi con noi, è per noi un’inestimabile ricchezza. E per questo ringraziamo sempre con il cuore.
Buona giornata.
Angela

mercoledì 21 novembre 2018

Anche la coperta.

Stamattina ha fatto la sua comparsa il ghiaccio, non tanto, ma si comincia: la Michela è partita in calzette corte e scarpette ginniche, perché gli stivali non fanno look, la volpe del deserto; per altro, c’abbiamo poco da dire perché la mimosa è a posto, ma il limone è ancora da coprire, o noi sveglioni.
Però Fabullo ieri l’ho già fatto uscire con la coperta sulle gambette, oltre a piumino sciarpetta e berretta, perché lui è sempre freddino: per cui è arrivato a scuola che sembrava la Befana vien di notte. Deve andare tutto liscio: primo, perché sì; secondo, perché venerdì mattina ha la gita con i suoi Amici, vanno al Teatro Regio, in Piazza Castello, con il pullman. Quindi dobbiamo fare tutto bene, comprendendo in questo anche l’incrociare le dita come se avessimo cento mani a testa, magari anche le zampette delle scolopendre che corrono, invece che prenderle a ciabattate, quando le vedo in casa.
Come sempre, concordo con Luana Da Scandicci: spero che tutta questa burocrazia, che crea preoccupazione e fatica, porti a qualcosa di buono. Perché davvero l’idea è che si perda poi di vista l’obbiettivo finale delle cose, che tutto diventi così difficile da essere poco possibile.
Perché è corretto pensare che qualunque sistema debba dare garanzie di serietà, estirpando ciò che soffoca e fa morire. È altrettanto vero, però, in qualunque ambito, che se in un sistema servono sempre più norme per renderlo efficace e trasparente, vuol dire che in quello stesso sistema è insito qualcosa di sbagliato.
Perle di saggezza di prima mattina, mia cara, dice     LA PAOLA. Profonda preoccupazione con responsabilità che pesano come macigni, dico io.
Buona giornata.
Angela

martedì 20 novembre 2018

A prova di rapa.

Ieri c’era la meditazione sconsolata sulle evoluzioni legislative: nel senso che in quest’anno dovrebbe diventare operativa la legge sul Terzo Settore, con l’istituzione di un apposito registro. Tutte le varie realtà associative confluiranno lì, le mille leggi (quella sulle onlus, quelle sul volontariato) scompariranno e si diventerà tutti ETS, enti del terzo settore.
In realtà era sconsolata solo in parte, la meditazione, perché comunque questa legge, se funziona bene, veramente ci vuole, perché c’è un immenso pasticcio in cui tutti fanno di tutto. E, normalizzando tutto il settore, la teoria è che ci saranno più risorse.
Speriamo, come direbbe Luana alle prese con la fatturazione elettronica, che non sia solo un problema e basta. C’è già scritto ovunque che, per le grandi associazioni, con personale deputato a fare solo quello un po’ di ore al giorno, cambierà proprio poco per quelli che fanno già tutto bene; saranno in difficoltà le piccole realtà perché avranno una serie di adempimenti.
Che poi: entro il prossimo agosto bisogna adeguare gli statuti per accedere al nuovo registro. Ma a noi sembra di essere già a posto: nel senso che i presupposti obbligatori, che sullo statuto devono emergere, noi li abbiamo già e sullo statuto sono già scritti. Sicuramente, però, ci sarà da produrre documentazione per confermare la cosa; e poi tutti gli adempimenti che noi facciamo già, come i bilanci, avranno una modulistica standard a cui attenersi. Insomma: in realtà saranno scartoffie che già facciamo.
Ed ecco la parte più sconsolata: che sarà necessario un lavoro iniziale per confermare i requisiti. Che diventerà chiaro all’ultimo momento e bisognerà correre, e tutto va bene se si dedicano delle ore della giornata a questo, mentre noi siamo sempre in affanno a strangolare minuti.
Al momento, però, la parte più sconsolata ancora, è che vorremmo essere sicuri: stiamo leggendo tutto quanto e ci sembra appunto di non dover far nulla di più al momento, perché i requisiti sono già pronti, e dobbiamo aspettare questi nuovi registri. Però tutto nasce da letture e letture, e saremmo più tranquilli nell’avere delle conferme.
Quindi: a letture fatte, ora parte la ricerca di qualcuno che ci aiuti a capire bene in modo semplice, a prova di rapa. Per intenderci.
Buona giornata.
Angela

lunedì 19 novembre 2018

Gli operativi.

Ovviamente questo era il fine settimana in cui mettere su le ruote da neve, perché sulla nostra autostrada è obbligatorio e perché sarà meglio averle, dovesse darne anche solo una spruzzata su queste salite sono indispensabili: ovviamente era da fare anche prima, non si arriva all’ultimo così, solo che prima c’era sempre qualcos'altro, per cui lo abbiamo fatto sabato per scoprire che ce n'è una bucata, quindi adesso ci vuole il meccanico. Insomma, oggi le comiche, con tutti intorno che assistevano, Fabullo che si godeva lo spettacolo dalla finestra delle gomme che andavano su e giù con la carrucola, finché è stato troppo stanco e l’ho coricato.
Lo spettacolo è continuato ieri mattina con una serie di scaffali, buca avvita tieni l’aspirapolvere luce qui perché gira a vuoto? Perché abbiamo dimenticato i tasselli. Se non altro qui Fabullo si è visto tutta la faccenda da sdraiato, quindi ne ha gustato meglio i particolari. Il resto del mondo rideva.
Lo spettacolo è proseguito al pomeriggio con la copertura della mimosa, che è diventata altissima quindi non riusciamo a chiuderla tutta; ma il tronco è ancora verde e i rami lunghi lunghi, per cui si piega da tutte le parti, la lasciamo fiorire perché è piena di boccioli e poi la tagliamo un pochino. Il succo è che abbiamo messo tutto un sistema di travi inclinati alla base a puntellare, più un sistema di complicati tiranti per contenere i rami, copertura delle radici, più vari giri di velo fino a dove è stato possibile in altezza. Secondo i vari architetti del giardino arrivati in cappotto e ciabatte per ridere, è una roba mostruosa, sembra una sposa, perché ha pure lo strascico per comprendere il puntello più grosso, ma senza testa, solo rami  che spuntano come capelli: spettacolo inquietante, pare. Pare, invece, ho detto io, che ai suddetti architetti ci dovevamo far pagare il biglietto perché avremmo fatto un affare, e attrezzarci anche per un sistema di rianimazione, perché a forza di ridere non vorrei mai.
E tutti si affacciavano per salutare Fabullino: Fabullino che però non c’era, perché dormiva, è riuscito a stare seduto poco più di due ore, comprensive anche di doccia e pranzo. Diciamo che, siccome ieri ho dormito 7 ore e quindi stamattina ce la faccio ancora a non essere noiosa, non troppo almeno, possiamo ammettere che, dopo lo spettacolo degli scaffali, è andato a dormire volentieri. Povero Fabullino nostro.
Buona giornata.
Angela

venerdì 16 novembre 2018

Sempre quelle sono.

Sì, la burocrazia legata al mitico terzo settore sta diventando sempre più significativa:  nel senso che ha un impatto quotidiano sulle realtà associative che è determinante proprio ai fini della sopravvivenza.
Il succo è lo stesso che raccontiamo sempre: la complessità fa sì che sia necessaria una tale specializzazione che è a sua volta necessario rivolgersi a personale altamente specializzato in politiche del terzo settore. Personale che, però, va giustamente pagato: per cui una parte sempre più importante dei fondi da progetto deve essere stanziato per l’elaborazione del progetto stesso. Il terzo settore che mantiene il terzo settore.
Indubbiamente ci sono delle ragioni specifiche che hanno una loro giustificazione ragionevole entro un certo ambito, ma che la ragione la perdono completamente quando le motivazioni superano l’essenza stessa dell’esistere del terzo settore e diventano delle toppe a qualcosa che non funziona a monte.
Concetto farraginoso ma che si chiarisce subito.
Sostanzialmente: le specifiche e i paletti stanno aumentando per evitare che chiunque possa accedere a fondi vari utilizzandoli poi in maniera impropria, creando una realtà associativa che magari è la copertura di qualcos'altro.
E dicendo questo viene fuori tutto quanto: le istituzioni pubbliche o, comunque, “ufficiali” già esistenti non riescono a colmare da tempo certi bisogni sociali essenziali; stiamo parlando, appunto di servizi essenziali, come l’assistenza o le prestazioni sanitarie e non solo le festicciole di Santaclàus e di Allouìììn. E già lì è possibile individuare un problema.
Passo successivo: il terzo settore  può accedere a fondi pubblici e privati, nazionali ed europei, dietro ovviamente stesura di progetto e giustificazione di come vengono spesi tali fondi.
Passo oltre: il terzo settore diventa un business per la criminalità e la parola progetto diventa un codice per avere soldi, e non qualcosa che ha un obiettivo specifico. L’esempio più eclatante è stato il caso di Mafia Capitale, con i fondi europei per le cooperative di accoglienza che sono finiti altrove.
Potremmo chiederci perché questo sia un problema squisitamente insito nella realtà italiana, ma direi di procedere oltre.
Passo ancora successivo: per evitare queste situazioni si rende sempre più difficile l’accesso ai progetti, in modo da scoraggiare l’emergere di associazioni ad ogni piè sospinto, formate anche solo da poche persone. Tali piccole associazioni non diventano vietate, ma possono al massimo organizzare la grigliatina di beneficenza o la vendita delle caramelle ad offerta libera: nobili azioni, che richiedono tanta energia, ma che portano a pochissimo. Non è formalmente impedito l’accesso ai progetti, ma la loro stesura e applicazione diventa così complessa che serve personale specifico e retribuito, perché si tratta di un lavoro che richiede molto tempo, e per vivere è necessario lavorare, e ben lo sanno quelli che lavorare non possono; la retribuzione di questo personale fa sì che non basti la grigliatina per provvedere, anche perché va, giustamente, pagato per la stesura di un progetto, e non per la sua assegnazione, che è poi eventuale.
Per cui sopravvivono solo le organizzazioni che hanno un apparato importante, che però non possono raggiungere e coprire tutte le realtà in maniera specifica e puntuale.
Tutto comprensibile, ma mi sembra che, analizzando così la situazione, possa anche emergere che le soluzioni non dovrebbero colpire gli ultimi.
Per cui: nascono associazioni tutti i minuti perché i bisogni primari non sono garantiti? Forse dovremmo pensare a garantirli, e il problema delle troppe associazioni nemmeno esisterebbe, e potrebbero rivolgersi solo a iniziative collaterali, festicciole varie, per esempio.
Il terzo settore diventa così appetibile alla criminalità? Forse bisognerebbe reperire le risorse perché la criminalità venga analizzata e colpita, invece che rendere sempre più farraginosa e complessa l’attività del volontariato. Anche perché si sta dimostrando che il rendere tutto più filtrato non sta in realtà servendo a nulla: ciò che è illegale continua ad esistere, proprio perché l’illegalità ha comunque i mezzi per procedere in ciò che per gli altri è difficile.
Insomma, la mitica toppa non serve a niente.
Ma è un discorso che, in realtà, è sovrapponibile a tutti gli aspetti di un sistema che non funziona: basti pensare all’immensa mole di burocrazia fiscale, ogni giorno più complessa, suscettibile di errori che implicano multe, che necessita di professionisti che vanno giustamente retribuiti e che sta stritolando le piccole imprese oneste: senza, per altro, colpire minimamente la grande evasione fiscale. Ecco, la situazione è assolutamente sovrapponibile.
Una palude in cui Kafka era un dilettante.
E lo so che dico sempre quelle: ma,  se sempre quelle sono, non si può mica cambiare argomento.
Buona giornata.
Angela

giovedì 15 novembre 2018

Così

Funziona così: un grande comune della periferia torinese pubblica un bando per un contributo una tantum per le famiglie dei minori disabili perché possano svolgere attività sportiva: deve trattarsi di un disabile certificato, deve emergere che l’attività in questione sia assolutamente specialistica e con degli obiettivi terapeutici  specifici legati alla specifica disabilità, le lezioni devono durare almeno un’ora, devono essere almeno 15 nell'anno scolastico, l’operatore deve essere qualificato in tal senso. Ovviamente per i residenti nel comune stesso.
Tra quei residenti c’è una bambina dell’asilo, con una grave malattia neurologica rarissima ma che è stata trovata, i terapisti l’hanno messa in piedi e cammina bene ma il ritardo cognitivo è al momento significativo, ed è una caratteristica della patologia. L’attività motoria è quindi indispensabile per finalizzare l’emergere della coordinazione e di tante autonomie, la strutturazione di spazio e tempo e della sequenze, l’approccio con il mondo per favorire la comunicazione, eccetera, insomma, obiettivi specializzati ed evidenti.
Per cui la famiglia ci chiede aiuto per le scartoffie e ammetto che, letto il bando, le beghe sono state subito evidenti, ma proviamoci.
Però: l’ippoterapia  non va bene perché le sedute durano mezz'ora. Faccio presente alla responsabile del progetto in comune  che non possono durare di più perché la situazione specifica non permette un’attenzione più prolungata, possiamo motivarlo senza problemi. Eh ma no, il bando prevede un’ora (e bisogna mettere le date delle sedute, e se ne accorpiamo 2 potremmo non arrivare a 15, e ovviamente si allegano i giustificativi fiscali, e, altrettanto ovviamente, nessuno vuole dichiarare il falso, ci mancherebbe). Quindi non va bene.
Acquaticità: va benissimo purché ci sia un istruttore dedicato e una corsia riservata. Non c’è un istruttore dedicato perché la piscina, che è quella del vostro comune, non ne ha uno in più a disposizione; non c’è una corsia riservata perché è corretto che la bambina svolga questa attività con gli altri, entrando con la sua mamma come gli altri, imparando quindi a relazionarsi, a muoversi nello spazio con gli altri, a relazionarsi, a rispettare il proprio turno di gioco eccetera, lo possiamo scrivere e motivare clinicamente. Eh ma no, le linee guida del bando non sono quelle.
Allora la bambina svolge in onlus un’attività di psicomotricità, ovviamente basata su uno specifico progetto riabilitativo, ovviamente con una specialista qualificata, vedi curriculum, l’attività dura un’ora, viene una volta a settimana se non due, va bene?
Andrebbe bene ma il bando prevede giustificativi fiscali relativi ad un centro sportivo e non ad una onlus a scopo socio-sanitario (all’agenzia delle entrate siamo iscritti a elenchi diversi).
Ma un centro sportivo che risponda alle esigenze di questa bambina non c’è. Oppure bisogna pretendere organizzazioni che diventano così costose per la famiglia che diventa inutile accedere a questo bando per il tetto economico offerto.
Mi permette di dire che questo bando per i disabili in realtà non tiene conto di chi sono i disabili?
La responsabile, mortificata, è d’accordo con noi, ma non può accettare cose diverse altrimenti i revisori dei conti bocciano la pratica.
Ci stiamo ancora provando a discutere, non abbiamo lasciato perdere, ma la vedo durissima. Non è nemmeno stato formulato così, come dire, con cattiveria, solo con incompetenza, avendo in mente solo qualche tipologia di disabile.
Insomma, funziona così. O così non funziona.
Buona giornata.
Angela

mercoledì 14 novembre 2018

Nessun argomento.

Ammettiamo che ogni tanto siamo preoccupati per le nostre risorse umane. Poi ammettiamo anche che ogni tanto siamo ancora più preoccupati, ecco.
Per esempio quando valutiamo la nostra stanchezza e il nostro conseguente mal di testa da infinita fatica: una volta cominciava il venerdì pomeriggio, poi il giovedì. Per esempio, però, ieri eravamo già completamente piatti: si vede dalla nostra lentezza nel fare le cose. Per cui, ad esempio ieri sera, abbiamo potuto dormire solo dopo mezzanotte, quindi poco più di 5 ore, e oggi è solo mercoledì, e prima di strutturare un piano di recupero sonno deve arrivare il fine settimana. Perché non è che le cose si possono rimandare, se Fabullo deve essere lavato e vestito stamattina non lo posso fare domani.
Suvvia signora, è la sensazione di essere sopraffatti che è di tutte le madri di famiglia, dicono Quelli Che Sanno. Che però non devono proprio avvicinarsi alle Madri Isteriche, perché potrebbero non rispondere delle proprie azioni, così fanno vedere di non essere Isteriche solo di nome ma anche di fatto.
E quindi? Quindi niente. Confidiamo, se non per convinzione, per mancanza di altre strategie.
E torniamo al punto di partenza: ci sono giorni in cui siamo preoccupati, e sono tanti; e poi ci sono giorni in cui lo siamo di più. Meno male che sono una rapa in matematica, così non riesco nemmeno ad immaginarlo il diagramma della preoccupazione, sarebbe un’idea poco edificante.
Insomma, scusate la piagaggine, non ho argomenti a mia discolpa.
Buona giornata.
Angela

martedì 13 novembre 2018

Imparare.

Nella classe di Fabullo, dove lui ha dei grandi Amici, è meraviglioso perché molte delle attività che lo riguardano sono organizzate con la collaborazione dei ragazzi stessi. Non nel senso che vengono, come dire, “comandati” nel far questo piuttosto che quello; ma proprio nel pianificare loro stessi un lavoro o la costruzione di qualcosa per Fabullo.
Vuol dire che imparano che non si deve e non si può far finta che certe realtà non ci siano e metterle in un cantuccio; che bisogna imparare a pensare che, speriamo di no, mai e poi mai, ma che nessuno di noi è al sicuro dalla sofferenza; che troppe cose funzionano male ed è necessario non accettarle così passivamente: perché, in qualche modo, tra un po’ saranno poi loro a mandare avanti il mondo ed è bello pensare che lo potranno fare non mettendo da parte nessuno, e sarebbe una conquista nel mondo che li circonda.
E attenzione: perché possono esistere le voci contro, che dicono che, in questi casi non è che I ragazzi devono interrompere il loro programma didattico, non la devono mica pagare loro per colpa dei poveri, non camminanti, non parlanti o parlanti un’altra lingua, magari non dello stesso colore, non con gli stessi vestiti: a parte il fatto che, nella  quantità di ore che trascorrono a scuola, questi momenti rappresentano comunque una percentuale che non toglie proprio niente, Pitagora ci sta lo stesso; per cui propongo di andare immediatamente oltre a simili intelligenti osservazioni.
Ma, se vogliamo proprio fare i didattici nel senso più comune della parola, imparano comunque: a studiare materiali adatti; ad elaborare una grafica utile per certe attività; a pensare addirittura al funzionamento del cervello nelle sue prestazioni motorie e organizzative, a distinguerle, e quindi a selezionare i vari compiti e a studiare delle strategie per rieducare e facilitare; a mettere per iscritto le parti di un progetto, per imparare ad avere le idee chiare e per farlo capire agli altri. E ditemi voi se la parte più dichiaratamente didattica non è coinvolta in tutto ciò, ci sono le basi per degli argomenti per cui si fanno master che costano quanto una spedizione in Antartide.
Ovviamente, come sempre, neanche a dirlo, viva la buona volontà dei singoli all’interno della Grande Faccenda della scuola italiana, non pensate manco per sbaglio che le cose vadano così ovunque e sempre.
Buona giornata.
Angela

lunedì 12 novembre 2018

E vai così.

Andata andata andata, le dentiste sono da sempre nel libro delle Sante Subito, si sa. E sabato lo hanno dimostrato ancora. Siamo arrivati anche con qualche minuto di ritardo perché ho calcolato tutto al millesimo di secondo, in una mattina di difficoltà perché le preoccupazioni stancano da morire e ci si alza dal letto dopo essere apparentemente andati a dormire 10 minuti prima: solo che, esattamente al momento di uscire, è venuto giù il diluvio universale e quindi ho trafficato di più.
E le dottoresse ci stavano aspettando per non far fare a Fabu sala d’attesa in modo che fosse il più tranquillo possibile: per cui non lo abbiamo nemmeno tolto dalla carrozzina per non spaventarlo perché aveva già la faccia di quello che non si fida, lo abbiamo ribaltato un pochino indietro e loro sono state rapide e attentissime, senza fargli vedere di essere belle preoccupate. E invece è andato tutto benissimo: il dentone che ha tagliato in alto è un canino definitivo; e quello che c'è sotto, che è in effetti molto più in basso ed è molto grande, è però un dente da latte, che verrà scalzato via e cadrà. Quindi niente denti sovranumerari, al limite storti, e pazienza. Anche se le Dottoresse hanno detto che questo dentone scenderà di molto, e non sarà così storto come sembra, perché Fabu ha comunque, per sua fortuna, una bocca con  tanto spazio: un po’ per morfologia personale, un po’ perché, fino a poco tempo fa ha masticato tanto e usato dignitosamente i movimenti della lingua (ovviamente in riferimento alla sua situazione motoria). Ci hanno confermato che sta tagliando anche il canino sull’altro lato, come sembrava a noi: per cui sicuramente è infastidito.
Poi hanno controllato tutto il resto: denti sanissimi e lavati benissimo, per cui non bisogna nemmeno mettere in conto la detartrasi, che ovviamente si fa ma non sarebbe propriamente una passeggiata. Sul fatto che i denti siano lavati benissimo ho comunicato che il merito è tutto degli Arcangeli che proteggono gli Stolti, dove la stolta in questione sono io: perché, per quello che riesco a fare, non ho sicuramente meriti nel fatto che questi denti siano così puliti.
Per cui le Alte Sfere ogni tanto ci mettono la mano. Saremmo tutti contenti se di mani volessero mettercene due, e non disdegneremmo nemmeno un occhio e un piede.
Insomma, andata, sospiro di sollievo. Anche due. Anche tre. E abbiamo passato poi il sabato e la domenica a cercare di sistemare casa e a occuparci della onlus, ma tutto a rilento, perché dopo ogni stress acuto siamo stanchi, con i muscoli che fanno male che neanche la montagna con 15 kg di zaino: non è successo niente, in fondo, è solo la dimostrazione fisica del peso specifico dei pensieri, che mettiamo nei concetti astratti ma sono in realtà densi e vischiosi e, quel peso specifico lì, è quello del piombo.
Insomma, Quelli Che Sanno hanno ragione a dire che siamo poco equilibrati e incapaci di dare il giusto significato alle situazioni: meno male che Quelli Che Sanno sono bravi con le perle di saggezza.
Grazie per i vostri abbracci, Dio salvi sempre gli Amici di Fabullo.
Buona giornata.
Angela

venerdì 9 novembre 2018

Magari gridare.

Visita fisiatrica di controllo perfetta, la dottoressa è gentilissima e si vedeva già che Fabu andava bene. È stata  più faticosa la logistica con Torino piena di traffico da manicomio, per fortuna pioveva poco.
Invece abbiamo un altro impiccio, che ci preoccupa assai. Ieri abbiamo scoperto che Fabu ha due denti che stanno spuntando davanti sopra agli altri:  i quali altri, però, non sono più denti da latte, quindi forse questi due che stanno spuntando sono proprio in più. Uno è fuori e l’altro sta tagliando. Questo potrebbe spiegare certe brutte giornate, ad esempio lo scorso fine settimana, perché aveva sicuramente male.
E, soprattutto, questo potrebbe essere l’inizio di qualche grana che squassa di nuovo tutto quanto. Abbiamo subito chiamato le dentiste, che sono Sante Subito, e ci vedono domani mattina: ci avrebbero addirittura visto oggi, ma abbiamo spiegato loro che vorremmo che facesse fisioterapia, già persa ieri per la visita, e quindi domani.
Insomma, da ieri sera siamo tetri, in pendant con il cielo qui fuori: pensate se sono da togliere, che male, e che pasticcio a mangiare. Sembrava tutto così semplice in questa vita qui, stavo pensando di mettermi a gridare.
Buona giornata.
Angela

giovedì 8 novembre 2018

Riflessioni da cortile.

Annunciazione annunciazione: abbiamo nuovamente la  macchina, stamattina niente trasporto dell’alba, un ritmo meno convulso. Alleluia alleluia.
Ieri pomeriggio siamo riusciti a sbrogliare questa matassa: abbiamo anche avuto un po’ di ore asciutte, niente acqua dal cielo, già finite per altro. Adesso piove poco, e speriamo non peggiori perché oggi Fabullo fa vacanza, nel senso che non va a scuola, perché andiamo al controllo ad un mese dalla botulina nel primo pomeriggio, e Torino richiede i suoi tempi di spostamento è parcheggio. Il controllo andrà benissimo, speriamo solo che il tempo sia clemente nelle varie manovre con Fabu.
Oggi vi conto le riflessioni di ieri del nostro cantùn, che in un pugno di paese non è un quartiere, è un cantùn, un pezzo di via, insomma.
Poiché non pioveva, abbiamo rivisto un po’ di vicinato, mettendo la testa fuori: insomma, i momenti social di noi provinciali, in ciabatte, ramazza di saggina e sistemazioni di cortile varie.
Insomma, se fossero in un film sarebbero immagini surreali, ma i pensieri non lo sono affatto.
Una dei nostri Amici era stanca e arrabbiata perché era reduce da due giorni di Molinette con la sua mamma, con annessi e connessi di spostamenti e storie varie. In più, era appunto tra l’arrabbiato e il con le braccia cadute.
Storia rapida: mamma molto ma molto anziana, in condizioni di salute non brillanti, ma completamente autonoma nella sua casetta in una valle di montagna qui vicino, con dei figli di fianco. Su questa situazione si innesta un nuovo impiccio a prognosi  non positiva, ma di cui non è possibile prevedere la rapidità dell’evoluzione, magari una roba da niente a quell’età e magari no. Per cui hanno dovuto valutare un intervento, assolutamente molto semplice di per sé, ma senza garanzie per l’evoluzione della cosa, e  che la mamma non voleva fare perché stava bene a casa sua a fare le sue cose ed era impaurita. Alla fine, dopo tanti colloqui con i medici, i figli hanno deciso di provare perché l’intervento poteva tamponare il dolore, e poi si vedrà, e hanno quindi convinto la mamma.
Insomma, tutto fatto, tutto bene, era veramente una cosa da poco, era solo faticosa la gestione generale.
Quindi ieri mattina arriva un medico per le dimissioni, visibilmente con la luna storta per i fatti suoi, che dà le indicazioni e poi dice, per fortuna non davanti alla signora: Comunque secondo me avete sbagliato, potevate lasciar perdere tanto non serve a niente.
Ma porti pazienza, ci abbiamo pensato tanto, vagliato tutto quanto, alla fine la decisione l’abbiamo presa con voi che ci avete consigliato, e adesso lei ci dice questo a cose fatte. E lui: si vede che vi siete confrontati con i colleghi sbagliati.
Insomma, la nostra amica si è giustamente arrabbiata.
Per cui la riflessione era: ci siamo trovati in mezzo ad una storia di beghe personali tra i membri dell’equipe e alla fine questo qui ha fatto il maleducato con noi. Sono stanca morta più per la litigata con uno che poteva solo stare zitto che per altro, anche perché così ci siamo di nuovo messi a pensare se potevamo lasciare mamma tranquilla, ci siamo sentiti le banderuole in preda a chissà quale vento, in cui tutto dipende sempre dalla fortuna di chi si incontra in quel momento lì, fosse arrivato un altro a consegnare i referti per la dimissione tutta la discussione non ci sarebbe stata, alla faccia del facciamo le cose bene e dei protocolli, ad un certo punto non sapevamo più perché avevamo deciso così e che cosa ci avevano davvero detto, ci siamo ancora sentiti idioti noi figli, meno male che non ero sola altrimenti pensavo di essere scema io che non avevo capito niente. (Esattamente l’equivalente di noi Madri Isteriche).
E  noi del vicinato, in versione ciabatte e ramazza, che la guardavamo e la ascoltavano, perché aveva ragione da vendere.
E poi, sempre la vostra Amica: e voi con Fabullino queste situazioni qui le vivete sempre.
Nuove facce pensierose di noi provinciali, sempre in ciabatte e ramazza.
Attenzione: non l’ha detto per sentirsi in colpa delle sue lamentazioni, che non erano lamentazioni ma cronaca pura; l’ha detto come un dato di fatto, pura presa d’atto di come si vive.
E ha colto nel segno, come fanno sempre i nostri Amici silenziosi, che ci circondano e che ci guardano e tacciono, e arrivano con le pentole o tagliano l’erba o si occupano di mille cose ancora prima che noi capiamo che sono da fare.
Perché è vero, viviamo così noi e tutti quelli che convivono con la malattia cronica e grave, grandi e piccoli, familiari tutti, genitori mogli mariti o figli. Sono situazioni quotidiane e faticosissime, anche perché continue, che si aggiungono alla fatica e al dolore.
Per noi un esempio eclatante è stata la vicenda gastroscopia, con le opinioni che cambiavano ogni 5 minuti.
E non capita solo in ospedale, ma anche nei contatti con il territorio, in cui vengono dette certe cose, poi smentite e che sembrano sempre inventate dal familiare travolto dal dolore che distorce la realtà, in un meccanismo in cui, soprattutto i più deboli, non hanno possibilità di appiglio, perché comunque le istituzioni hanno sempre ragione. Capita con i servizi sanitari, che dicono che si fanno 12 sedute all’anno perché è clinicamente corretto così, con i servizi sociali che dicono che è anche responsabilità dell’utente sapersi organizzare e che non possono fare tutto loro (il tutto, di fronte al niente, non è chiaro cosa sia), con l’inps che manda moduli con l’intestazione dell’inps ma non è vero che li ha mandati l’inps e quindi lei non doveva rivolgersi a noi, con la scuola che l’insegnante di sostegno è per la classe e non per il singolo e comunque il bambino qui con noi è sempre stanco e le risorse indicate non emergono e quindi siete voi che sognate.
Si ha sempre questa sensazione dell’essere in balia del vento e delle onde e non nelle mani di professionisti: vuoi perché non tutti sono davvero competenti, vuoi perché le risorse sono talmente scarse che anche chi sa lavorare non ci riesce e perde la lucidità, vuoi quel che vuoi ma così è.
Dio salvi il vicinato in ciabatte.
Buona giornata.
Angela

mercoledì 7 novembre 2018

Un augurio che è oro.

Ma poteva fare qui da noi base Giulia, e a Pavone ci andava in un quarto d'ora!!! È vero, è un posto molto bello, è un castello vero utilizzato per matrimoni e eventi vari. Mi spiace solo che sicuramente il clima non ha aiutato, è stato veramente senza tregua: e ci sta ancora andando liscia, tra fiumi e colline.
Ma udite udite: oggi è chiaro, pare che ci aspettino 48 ore con meno acqua. Stamattina abbiamo già fatto il nostro giro dell’alba per portare Paulo Aimo Viaggiatore in stazione e non sembrava vero metterci davvero 5 minuti: niente strade allagate, si vedeva fin lontano, incredibile.
Facciamo i nostri giri anche oggi perché la macchina è ancora piantata, pare non si trovi la mitica gabola, non sappiamo nemmeno noi cosa pensare. Oggi Paulo Aimo Operativo è organizzato per fare mezza giornata. Per cui recupero Fabullino a scuola all’una perché oggi non si fa il pomeriggio, insieme andiamo a prendere papà a Chivasso e poi siamo in due: papà bada Fabullo (mutazione del verbo in transitivo, fa parte del vocabolario del badantaggio, non si accettano correzioni: se Quelli Che Sanno non hanno chiaro cosa implichi tutta la faccenda, perdono il diritto a qualunque appunto senza passare dal via) e la sottoscritta prova a cavare qualcosa da questo impiccio.
Quando siamo così nei pasticci, oltre alla stanchezza importante, quello che si aggiunge è il dispiacere per riuscire ad occuparsi meno di Fabullino: in questi tempi, in cui dorme tanto tra una crisi e l’altra, stiamo attenti a cogliere ogni attimo per fare delle cose con lui, mobilizzarlo per il post botulina, fare dei giochi di lettura o colorare un po’, perché a lui dà grandissima soddisfazione, e perché l'epilettologa ce lo prescrive, perché è assodato e scritto che le crisi per Fabu sono meno fastidiose quando è impegnato in qualcosa che lo motiva. Solo che, appunto, cogliere l’attimo quando si hanno impicci vari è proprio complesso, magari l’attimo è quando bisogna andare in stazione.
E quindi, appunto, si aggiunge il dispiacere.
Ecco perché Donna Paola ha fatto un augurio meraviglioso, sul serio: quello di un po’ di “noia”. Davvero, è quello che tutti dovremmo sognare, e apprezzare come l’oro più puro. La possibilità di staccare il cervello, di sapere che tutto sta andando come deve andare, che facciamo le cose buone e giuste.
Buona giornata.
Angela